arcoverbano.net

Arcieri del Verbano, del Cusio, dell'Ossola e della Valgrande

   Nov 17

L’arco (2005)

Titolo Originale: Hwal

Regia: Kim Ki-duk

Interpreti: Han Yeo-reum, Jeon Sung-hwan, Seo Ji-seok

Durata: 90′

Origine: Corea del Sud

Il vecchio pescatore

TRAMA. A bordo di una nave da pesca sperduta nel mare, un vecchio pescatore/arciere vive insieme a una sedicenne che ha raccolto 10 anni prima, in attesa di sposarla il giorno del suo diciassettesimo compleanno. La loro vita procede tranquillamente, affittando la barca a pescatori. Tutto cambia quando sale a bordo un ragazzo. La ragazza si innamora e inizia ad allontanarsi dal vecchio finché decide di sbarcare assieme al ragazzo. Il vecchio tenta il suicidio, ma viene fermato dal ritorno a bordo della ragazza, che è ancora profondamente legata al padre adottivo/promesso sposo.

La coppia a questo punto rompe gli indugi, e dopo aver celebrato il rito nuziale i due si allontanano in barca per consumare il matrimonio. Ma cullata dalle onde la ragazza si addormenta. Il vecchio sa che non potrà mai possedere la giovanissima sposa, così scaglia l’ultima freccia in aria e si getta in mare. La freccia ricade sulla barca, tra le gambe aperte della ragazza, senza colpirla. Ma lei comincia a sanguinare e ad avere spasmi sessuali, come se nella freccia fosse contenuto lo spirito del vecchio che si prende la sua verginità. Al tempo stesso, questo atto “sessuale” la libera dalla relazione con il padre/sposo. I due ragazzi abbandonano la vecchia nave da pesca, che per un po’ li segue, per poi sprofondare in mare.

La promessa sposa

CRITICA. Kim Ki-duk crede nell’amore senza parole. Ci può essere amore tra un anziano iracondo e una ragazzina dallo sguardo angelico e sognante? L’amore dell’uno non assomiglia piuttosto a morbosa passione, e la grazia dell’altra a gratitudine o, peggio, consuetudine? C’è chi parla di incesto e pedofilia. Suona poco convincente: non c’è, nel film, un atto, un gesto, una parola che evochi spettri.

C’è la musica di un arco che genera poesia decadente, c’è quello stesso arco che predice il futuro e sfida la morte, c’è uno strumento di offesa che preserva l’amore o la proprietà esclusiva dello stesso. Come sempre c’è in Kim Ki-duk una strana poesia rarefatta, una sospensione di tempi e di spazi, l’affermarsi di un non luogo (nonostante il mare aperto) e un non tempo (malgrado la scioccante scoperta dell’amore fisico da parte della ragazza). Ci sono scene che difficilmente si possono dimenticare: il tentativo di suicidio del vecchio, la ragazzina che dondola sull’altalena e il suo sguardo che sa (o spera?) che la vita non le farà troppo male. La poetica del regista coreano colpisce come sempre. E non tanto al cuore, almeno non soltanto: la sua è una sintassi che ti entra dentro e non ti lascia più, è un modo per decodificare il mondo attraverso dettagli rivelatori e particolari elegantissimi.

Forse il film è visivamente troppo perfetto per essere vero, lo snodo troppo patetico e fantastico per poter essere accettato come plausibile. Ma da Kim Ki-duk non si pretende il neorealismo: ci si aspetta di essere trasportati e cullati fuori dalle nostre vite un po’ banali, a volte senza bellezza. Come lui ci riesca, è una specie di miracolo. (Mario Conti, www.mymovies.it)

Lascia un commento