arcoverbano.net

Arcieri del Verbano, del Cusio, dell'Ossola e della Valgrande

   Ott 08

TIRO CON L’ARCO E BUSHIDO

Nell’evoluzione del genere umano esiste una costante assoluta che, nel corso dei secoli, ha spinto molti individui ad innovare il proprio bagaglio tecnico e conoscitivo per motivi di sopravvivenza: la paura. All’inizio, quando l’umano primitivo viveva del tutto libero e senza confini, era la paura di morire di fame, la paura dei grandi predatori che competevano con l’azione dell’uomo sul suo stesso territorio, la paura determinata dalla necessità di spostarsi continuamente, nel suo incessante vagabondare, per entrare in regioni sconosciute e pericolose in cui il rischio e le minacce di ogni genere erano sempre in agguato.

La necessità di peregrinare continuamente è venuta meno solo quando l’uomo ha scoperto l’agricoltura, un passaggio epocale che ha permesso alle primitive comunità di cacciatori-raccoglitori erranti di tramutarsi in agricoltori e pastori stanziali, capaci di raccogliere grandi quantità di grano e i loro armenti in villaggi stabili. Ancora una volta la paura di essere assaliti e derubati da altri uomini – quindi la necessità di difendersi per salvaguardare i propri beni o anche la necessità di offendere per impadronirsi dei beni altrui – ha rappresentato il volano su cui si è imperniata l’innovazione che, con tutta probabilità, ha trasformato arco e frecce da semplici strumenti di caccia in raffinate armi necessarie per fare la guerra.

A partire da quel tempo, infatti, la paura legata alle operazioni di guerra è ciò che ha fatto del Tiro con l’arco una vera e propria Arte marziale. Di fatto, l’innovazione rappresenta la capacità di reagire a difficoltà altrimenti insuperabili utilizzando strumenti tradizionali.

Davanti a un rischio, a una sfida importante, gli individui da sempre cercano soluzioni alternative e originali per sopravvivere. Se la pressione è costante e il rischio di sopravvivenza prolungato, come accade spesso nel corso di una guerra, l’attitudine a innovare diventa parte integrante del DNA umano, o almeno della sua parte migliore.

A supporto di questa tesi ci vengono incontro gli studi e le ricerche dello storico salernitano dr. Giovanni Amatuccio, che nel suo interessante trattato intitolato “L’Arciere Mediterraneo” così scrive: “Nel corso dei millenni, ciò che ha contribuito maggiormente a fare del Tiro con l’arco un simbolo delle virtù umane, stimolando approfonditi studi e ricerche sull’assetto interiore e psicofisico dell’uomo-arciere, è stato certamente l’utilizzo militare organizzato di arco e frecce.” E ancora: “Le prime testimonianze sull’uso organizzato degli arcieri per le attività belliche si riscontrano in Cina, attraverso interessanti trattati militari della Dinastia Shang (1766-1027 a.C.) che, peraltro, si riferiscono ad una disciplina – che usando un neologismo chiameremo “Arcierismo” – perfettamente strutturata e codificata già da molti secoli.

Ancor prima di quel tempo, infatti, nella cultura vedica dell’India centro settentrionale il Tiro con l’arco era ritenuto il simbolo di tutte le Arti marziali e così era stato codificato in quello che, con tutta probabilità, è il più antico trattato di arcieria mai realizzato. Il Tiro con l’arco fu codificato come un’importante Arte marziale anche nella cultura giapponese, dove il connubio fra tecnica, disciplina di vita e concezione spirituale, diede vita al Kyu-Do.”

Tanto detto, non posso esimermi dal fare riferimento alla mia lunga esperienza maturata nel campo della disciplina marziale denominata “Karate Tradizionale”, per evidenziare quante similitudini esistano, di fatto, fra questa e il moderno Tiro con l’arco, qui inteso come possibile percorso formativo ed introspettivo, basandomi anche per questa disciplina sulla lunga esperienza maturata sul campo, specialmente nell’ambito del cosiddetto Tiro dinamico, specialità in cui da molti anni mi occupo anche di ricerca e specifica formazione, nelle sue implicazioni tecnico-educative di Tiro marziale mediterraneo.

In effetti, Karate tradizionale e Tiro con l’arco possono essere considerate vere e proprie discipline marziali, caratterizzate, come detto, da molte affinità e similitudini, soprattutto perché ambedue imperniano il loro lavoro formativo sul corpo, per spingersi poi ben OLTRE il corpo.

Come nelle Arti marziali, la concentrazione, l’eleganza rituale dei movimenti e la semplicità naturale di ogni gesto e di ogni respiro sono gli elementi che caratterizzano il Tiro con l’arco, così come contraddistinguono le manifestazioni più esteriori dello Zen.

Così, mentre l’allenamento fisico permette al corpo di aumentare la sua forza e la sua plasticità, è necessario considerare che anche la mente, come il corpo, possiede una sua specifica plasticità. Essa si modifica continuamente nella sua struttura neuronale, nelle idee, nelle credenze, ed evolve in base a come e a quanto la nutriamo quotidianamente con la conoscenza e la comunicazione.

Come è per il Karate tradizionale, anche il Tiro con l’arco permette di praticare speciali forme di training mentale utili a tenere “pulita” la nostra psiche, libera da condizionamenti mentali negativi come stress, apatia, ansia o noia, per favorire concentrazione, rilassamento, capacità di focalizzazione, desiderio e passione di vita.

Questo particolare modello formativo ha raggiunto la sua massima espressione marziale soprattutto ad opera dell’antica casta dei guerrieri del Giappone feudale votati al “Bushido”, meglio conosciuti in occidente con il nome di Samurai.

Il Bushi-Do (Bushi = Guerriero; Do = Via. Tradotto: Via del Guerriero) è un termine adottato in Giappone dopo la seconda metà del XIX secolo. All’epoca le arti militari erano praticate dai Bushi (Guerrieri), principali protagonisti della storia giapponese. Nel periodo medioevale giapponese l’Uomo retto, l’ideale del guerriero di grande lignaggio, virile e impeccabile, veniva identificato con l’ideale della Via della realizzazione spirituale. Nel periodo Kamakura, sotto l’influenza del Buddhismo Zen, la figura del Bushi assunse grande importanza, soprattutto come promotore di particolari forme di etica sociale e morale. Il Buddhismo Zen esaltò certamente sia l’aspetto etico che quello filosofico del Bushido.

Tale prospettiva di coltivazione spirituale per mezzo delle Arti marziali, sotto l’influenza delle dottrine filosofiche legate allo Zen, assunse ben presto precise connotazioni etico-spirituali secondo cui la “Via” è parte della natura umana, un percorso interiore grazie al quale l’uomo affronta e affina il suo essere spirituale attraverso la pratica quotidiana delle Arti marziali che, nel Bushido, oltre all’uso della spada e alla lotta a mani nude, includevano lo studio e le esercitazioni di Tiro con l’arco da guerra, peraltro effettuato anche da cavallo (Yabusame). Così, anche il Tiro con l’arco veniva proposto come Via di miglioramento del sé e in tal senso non veniva intesa come un semplice strumento artificiale, ma piuttosto come il modo naturale di essere e divenire dell’Uomo.

Anche in Europa, sebbene svuotato dai suoi contenuti più introspettivi, il Tiro con l’arco divenne gradualmente una vera e propria disciplina marziale in cui sempre più spesso, col passar del tempo, si intrecciavano gli aspetti strettamente militari con quelli legati alle competizioni di tipo ludico-sportivo. È storicamente provato che, diversamente dal lontano oriente, nell’Europa dell’alto medioevo il nobilato e i cavalieri, esperti spadaccini, difendevano il proprio status di uomini-di-spada ritenendo il tiro con l’arco una sorta di attività minore, appannaggio delle classi plebee.

L’arcierismo bellico fu fortemente rivalutato in Occidente soltanto in seguito alle prime battaglie dei crociati con gli eserciti islamici, dotati di abilissimi arcieri, ed alla successiva verifica sul campo (Battaglia di Azincourt) dell’efficacia degli arcieri appiedati inglesi, dotati di archi lunghi. Fu così che, in seguito a precisi eventi storici, anche in Europa il Tiro con l’arco assunse i connotati di una vera e propria disciplina marziale che non è improprio definire “Tiro con l’arco mediterraneo”.

Oggi, al di là dell’aspetto legato esclusivamente alle competizioni olimpiche (Tiro al bersaglio) e al dilagare dell’imperante tecnologia che propone l’arco come uno strumento altamente sofisticato, assistiamo ad una sorta di recupero dell’impostazione “marziale” che per millenni ha contraddistinto il Tiro con l’arco, in un’ottica di possibile rivalutazione dell’individuo e, contestualmente, delle sue radici storiche e culturali. È proprio questa dimensione che spinge molti praticanti a ri-considerare il Tiro con l’arco come un’affascinante disciplina sportiva.

In questo quadro, è interessante notare come, al pari del Karate tradizionale, anche nel cosiddetto Tiro Dinamico con l’arco – specialità proposta oggi da varie Organizzazioni sportive – elementi come la precisione, la velocità, la destrezza, la potenza e la prontezza di riflessi, quest’ultima necessaria per reagire prontamente a un fatto improvviso (come nel tiro su sagome mobili o nel tiro a volo), rappresentino i pilastri tecnici della disciplina, a significare quanti punti in comune abbiano le due discipline e quante similitudini le caratterizzino, nella capacità di focalizzare il bersaglio, di percepirne l’eventuale movimento/spostamento e infine di “leggere con la mente” lo spazio e le distanze che dal bersaglio ci separano, per organizzare al meglio il nostro gesto tecnico ed ottenere gli attesi risultati, tanto nel Karate, quanto nel Tiro con l’arco.

In buona sostanza, sia il Karate che il Tiro con l’arco affondano le loro radici in un profondo approccio filosofico-culturale e nella attitudine morale e spirituale che il karateka o l’arciere deve saper curare attraverso la pratica continua. Al fine di progredire, come Uomo, nel senso più completo del termine.

GIOVANNI MAIO

Giovanni Maio (classe1956) è oggi Maestro 8° Dan di Karate Tradizionale presso il Centro studi Arti Marziali “Bushidokan Dojo” di Salerno. Ha iniziato a praticare Karate Shotokan all’età di 14 anni e, nel corso del tempo, si è allenato in Italia e all’estero con i più importanti tecnici giapponesi di questo secolo, quali i maestri Hiroshi Shirai, Masaru Miura, Takeshi Naito, Kenji Tokitsu ed altri ancora. Nell’ambito del Tiro con l’arco è da diversi anni Referente nazionale di disciplina in un Ente di Promozione Sportiva.