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   Dic 07

Gengis Khan (2007)

Titolo Originale: Aoki Ôkami: chi hate umi tsukiru made

Regista: Shinichiro Sawai

Interpreti: Takashi Sorimachi, Rei Kikukawa, Mayumi Matsuyama

Durata: 136’

Origine: Giappone

L'imperatore Gengis Khan

La figura di Gengis Khan, oltre ad affascinare i viaggiatori e i cronisti medievali come Marco Polo, ha più di recente conquistato i cineasti.

Credo che sull’imperatore dei Mongoli siano stati realizzati almeno una decina di film, più o meno realisticamente aderenti alla verità storica. Due in particolare escono nel 2007. Uno è il celeberrimo Mongol, che si è guadagnata la nomination agli Oscar, l’altro è appunto questo “Lupo Blu”, meno noto del precedente ma sicuramente molto più aderente alla vita e alla cultura del popolo mongolo e alle vicende pubbliche e private del fondatore del più grande impero della storia, almeno secondo quello che raccontano le fonti coeve. Imperdibili le acrobazie con l’arco dei fantastici cavalieri mongoli, e l’accurata ricostruzione dei costumi di scena e delle armi. In particolare, in molte sequenze del film si può osservare con attenzione la particolare modalità di caricamento e tiro tradizionale dei popoli nomadi dell’Est.

TRAMA. La vicenda si sviluppa tra la fine del XII secolo e i primi anni del XIII. Yerigej, capoclan di una delle tante tribù in cui era diviso il popolo mongolo, durante una scorreria contro la tribù rivale dei Merkiti, rapisce la giovane Hoelun. Dopo qualche tempo, nasce un bambino a cui viene dato il nome di Temujin. All’età di 9 anni il ragazzo intraprende un viaggio con il padre, che ha deciso di trovargli una moglie degna del suo rango. Durante la traversata Yerigej racconta al figlio la genealogia della famiglia, a partire dal capostipite Lupo Blu. Durante una sosta presso gli amici Ungrat, Temuijn viene colpito dalla bellezza di Borte, e le famiglie concordano il matrimonio. Temujin si ferma presso i genitori della promessa sposa, dove stringe un patto di sangue con Jamuka, anche lui figlio di un capoclan.

Temujin vendica l'offesa

Temujin vendica l'offesa

Con i nuovi amici Temujin passa giorni felici, ma  Yerigei muore avvelenato durante il viaggio di ritorno, e il suo primogenito decide di vendicarsi degli odiati eterni rivali, alla cui tribù peraltro apparteneva sua madre e – secondo le accuse dei suoi fratellastri, figli di una concubina di Yerigei – anche lui, perché sua madre quando fu rapita era sposata con un merkita ed era già incinta.

Una offesa che provoca la feroce reazione del ragazzo, che uccide il fratellastro Bekter, scampando poi abilmente alla vendetta dei parenti. A 16 anni, concluse le sue traversie dopo un lungo periodo di isolamento, Temujin è diventato famoso e abbastanza ricco da poter tornare dalla sua promessa sposa. Qui ritrova anche il fratello di sangue Jamuka, a cui Borte aveva dato la sua parola accettando di sposarlo, salvo ricredersi appena ricompare il suo vecchio amore.

Una scena di battaglia

Dopo due anni, colpito da alcune scaramucce probabilmente opera dei Merkiti, l’ancora giovanissimo Temujin decide di cercare l’alleanza di Toghrul Khan. La ottiene, e da questo punto in avanti il film si snoda tra gli aspetti più legati all’introversione del protagonista, specialmente nel suo rapporto con la madre e con la moglie, e le epiche scene di battaglia degne del migliore colossal hollywoodiano, di cui protagonisti assoluti sono gli arcieri a cavallo.

Alla fine di un percorso lungo e pieno di insidie Temujin diventerà Gengis Khan, e la sua strada di vittoria in vittoria salirà verso l’obiettivo finale, quello di unificare i Mongoli sotto un solo capo. Ci riuscirà, grazie alla assoluta fedeltà dei suoi combattivi seguaci, tra cui la giovane guerriera Qulan, e nonostante il tradimento di Jamuka e il dolore per la perdita del suo primogenito Dijuci.

Gengis Khan dà il segnale di inizio della battaglia

Emblematica la scena finale, quando l’esercito mongolo dopo una marcia attraverso il deserto del Gobi arriva in vista della Grande Muraglia che avrebbe dovuto difendere l’impero Chin. Gengis Khan, accompagnato dai suoi ufficiali e dalla sua compagna Qulan, scocca una freccia al cielo, usando l’anello da sgancio di Dijuci, chiedendo allo spirito del figlio di guidarli nell’attacco. Posso dirlo? Altro che Cronache di Narnia.

CRITICA. Bellissima la fotografia, ottima interpretazione di attori alle prime armi o totalmente sconosciuti al grande pubblico. I paesaggi da favola sembrano inventati apposta per questo film che ne fanno un punto di forza regalandoci un contatto diretto con la natura. Le sconfinate praterie ci instillano un senso di libertà e dopo pochi minuti di film ci scordiamo d’essere a casa nostra sul divano sentendoci proiettati nei cieli della Mongolia. Favolosa ricostruzione di una grande storia con un grande personaggio che ci insegna a non demordere quando si vuole raggiungere uno scopo. Ottimi i costumi e le armi. Niente violenza gratuita. Da OSCAR!!! (murcielago, 10 ottobre 2011)


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